26° Gruppo Sqd. ALE “Giove”- origini e vicende organiche

26° Gruppo Sqd. ALE “Giove”

 

Origini ( 1966 – 1967)

Seconda unità ad ala rotante costituita in ordine di tempo sull’ aeroporto di Pisa, il 26° e stato uno dei Gruppi Squadroni più prestigiosi dell’Aviazione dell’ Esercito.
Le sue origini risalgono al 1° luglio 1966 quando, a seguito del Provvedimento 900-S/15162571 del 4 giugno, era stata costituita la Sezione Elicotteri di Uso Generale (SEUG), alle dipendenze operative, addestrative, amministrative e disciplinari della Brigata Paracadutisti di Livorno. Scopo iniziale della Sezione: “fornire assistenza ai lanci umani della Brigata Paracadutisti e della SMIPAR e far fronte, nel limite delle possibilità, alle esigenze dei suddetti Reparti”.

Il suo comando veniva assegnato al maggiore dei paracadutisti, qualificato “pilota osservatore” e “pilota di elicottero”, Aldo Mangione che già dalla sede del CAALE di Viterbo, dove esercitava le mansioni di istruttore, aveva rappresentato e sostenuto la necessità di una Sezione Elicotteri in seno alla Brigata. 
L’ organico iniziale era soltanto di due Ufficiali piloti subalterni ( Capitani Adriano Vegni e Giorgio Trovanelli), sei Sottufficiali (M.Ilo Magg. Silvio Picrctti, M.llo Ord. Bruno Merendi, Serg. Magg. Franco Noccorini, Serg. Magg. Matteo Sacco, Serg. Magg. Enzo Pratesi e Serg. Lucio Marcarino), due graduati e 13 militari di truppa.
I velivoli assegnati erano due elicotteri Augusta Bell AB-205 “prima serie” (“EI 250/251”), a cui se ne sarebbe aggiunto un terzo l’ anno successivo come previsto dalla dotazione organica della Sezione. Si trattava così del primo reparto periferico dell’ ALE ad essere equipaggiato con il nuovo AB-205, versione maggiorata in termini di capacità di carico, dimensioni e potenza del celebre AB-204 “Iroquois”. In relazione alla sua dipendenza operativa, la Sezione assumeva il nominativo radio di “Para”, seguito dal numero individuale dell’elicottero. Completavano la dotazione una manciata di automezzi ed alcuni apparati per le trasmissioni.
Circa le infrastrutture la SEUG si doveva arrangiare in metà hangar Savigliano binato e relativa appendice ovest, concessi in uso dall’Aeronautica Militare a partire dal 25 luglio. Le condizioni dei locali, liberati dal GEV della 46^ Aerobrigata, erano quantomai precarie, ma con grande volontà ed impegno il personale procedeva a riadattarle al nuovo impiego.
Pur essendo il suo compito primario l’ assistenza sanitaria ed il trasporto immediato di eventuali traumatizzati nel corso dell’attività aviolancistica della Brigata, la Sezione iniziava ad operare nei settori tipici di impiego della macchina ad ala rotante con particolare riferimento alle esigenze addestrative dei reparti che doveva supportare. Dalle ricognizioni delle Zone di Lancio e di Sosta, dal trasporto personale e lo sgombero feriti, passava così ai primi elisbarchi su terra ed acqua, agli sgomberi a mezzo verricello ed alle infiltrazioni di sabotatori. Con quest’ ultimi veniva effettuata dal 12 al 14 settembre la prima di una lunga serie di esercitazioni, la “Tino 6”, assicurando l’ elisbarco a mare ed il successivo recupero di nuclei speciali.

Ma il vero debutto del reparto nel settore operativo, debutto che gli avrebbe fatto guadagnare stima e prestigio, si verificava in occasione della disastrosa alluvione che colpiva la Toscana nel novembre del 1966. Gli elicotteri erano stati predisposti per la mostra statica del 4 novembre, quando all’ alba arrivò la prima richiesta di soccorso da parte del sindaco di Montelupo (FI). Su ordine del VII Comando Militare Territoriale (COMMILITER) di Firenze, la Sezione decollava subito con i due AB-205, di cui uno dotato di verricello, raggiungendo la zona di Montelupo dove iniziava a recuperare gli alluvionati dai tetti delle abitazioni rimaste isolate. Come base di rischieramento veniva utilizzato l’ aeroporto di Peretola, ma essendo questo sprovvisto di kerosene era necessario trasportarcelo.
Partecipavano alle operazioni i tre Ufficiali piloti della Sezione (all’epoca si poteva volare con un solo pilota a bordo), quattro Sott.li meccanici e tre militari di truppa. In relazione alla gravita della situazione, l’ attività veniva estesa a tutto il Valdarno mettendo a dura prova gli equipaggi specie per la precarietà e le insidie che i pochi spazi di atterraggio disponibili (tetti e argini) presentavano. Gli elicotteri infatti rimanevano danneggiati in più occasioni a seguito dell’ urto con i rami degli alberi, antenne televisive, fili e parafulmini; uno addirittura rimaneva semisommerso per l’ arrivo della piena sul campo di Peretola. Ma pur fra tanti rischi e difficoltà di natura ambientale e meteorologica, la Sezione riusciva in cinque giorni a mettere in salvo, mediante verricello o atterraggio sui tetti, circa 811 persone (nel parapiglia di quei momenti era difficile tenere il numero esatto…), trasportando inoltre materiale di soccorso ed acqua potabile per circa 100 tonnellate. Le operazioni terminavano il 9 novembre, dopo che i due elicotteri avevano svolto in 40 ore e 35 minuti di volo ogni tipo di impiego, trasportando al gancio baricentrico perfino le carcasse degli animali precedentemente imbracare dai sabotatori intervenuti nella zona con i loro gommoni. L’impegno, l’ energia e la generosità profusi in questo difficile ciclo operativo facevano guadagnare alla neocostituita SEUG un “Attestato di benemerenza” da parte del Ministero della Difesa.

I primi aviolanci da elicottero

Trattandosi di reparto alle dipendenze della Brigata Paracadutisti, particolare attenzione veniva rivolta alle operazioni di aviolancio da elicottero. Se con la tecnica della caduta libera l’ uscita del paracadutista non presentava problemi, essendo già stata sperimentata sull’ AB-204, per i lanci vincolati era necessario sperimentare la compatibilità e la sicurezza di elicottero e paracadute prima di poter omologare sia i materiali che le procedure. I primi lanci vincolati sperimentali venivano effettuati dalla SEUG dal 3 al 9 dicembre sul campo di Tassignano.
Per poter incrementare le capacità dell’AB-205 in questo settore d’impiego e superare le limitazioni dell’ allestimento adottato sul 204, il geniale Magg. Mangione aveva ideato e realizzato presso la Sezione delle attrezzature di notevole valore tecnico. Si trattava di un supporto metallico con cavo d’acciaio posizionato in alto per consentire l’ imbarco e l’aggancio di 10 paracadutisti seduti, di due “paraspigoli” in acciaio tubolare fissati alla paratia posteriore del vano di carico per evitare lo sfregamento delle funi di vincolo contro lo spigolo vivo delle portiere, ed infine di un telaio tubolare da applicare al trave di coda per impedire, in caso di autorotazione, che le borse non ancora ritirate venissero spinte dal vento relativo contro il rotore principale.