La scelta del Generale Umberto Ferreri: la resistenza di un ufficiale a Pisa contro l’adesione alla Repubblica Sociale
Pisa, maggio 1944 – La guerra si intensifica, e l’Italia vive uno dei periodi più travagliati della sua storia. La città e la provincia di Pisa sono profondamente segnate dagli eventi, con le tensioni crescenti a seguito della caduta del fascismo e della formazione della Repubblica Sociale Italiana (RSI). In questo clima di incertezza e divisione, la figura del Generale di Divisione Umberto Ferreri, comandante della Zona Militare di Pisa, emerge come simbolo di fermezza e coerenza.
Ferreri assunse il comando della Zona Militare di Pisa il 10 luglio 1941, incaricato di mantenere l’ordine pubblico in città e provincia durante una fase difficile del conflitto. La sua posizione divenne cruciale con la caduta del regime fascista, il 25 luglio 1943, quando la situazione politica in Italia entrò in una fase di grave crisi. In quel momento, Ferreri venne chiamato a ricoprire un ruolo delicato, con il compito di garantire sicurezza e stabilità in un territorio che, come il resto del Paese, si trovava in un clima di incertezza.
L’armistizio dell’8 settembre 1943 rappresentò un ulteriore spartiacque. Con l’occupazione tedesca e la fondazione della RSI, le autorità repubblicane avviarono un tentativo di arruolamento delle forze militari locali, includendo tra le fila della nuova Repubblica Sociale anche ufficiali di carriera. Il Generale Ferreri, però, decise di non aderire all’esercito repubblicano. Una scelta coraggiosa, compiuta in un momento in cui molti ufficiali si vedevano costretti a schierarsi per evitare pesanti ritorsioni personali e familiari.
In risposta al rifiuto del Generale, il Comando Provinciale Militare di Pisa adottò misure severe e senza precedenti contro di lui. Il provvedimento ufficiale decretò il collocamento in congedo di Ferreri, retrodatandolo all’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio. Gli venne inoltre revocato il grado, assieme alla qualifica di ufficiale, e con essa ogni beneficio economico. Non solo: venne sospeso il pagamento degli assegni e gli fu imposto di restituire la pistola d’ordinanza, con l’obbligo di coprire personalmente il costo dell’arma stessa. Tuttavia, nonostante l’imposizione, il pagamento richiesto per la pistola non venne mai effettuato dalle autorità.
Questi provvedimenti testimoniano l’estrema determinazione della Repubblica Sociale Italiana nel reprimere ogni dissenso, soprattutto tra figure di spicco come quella di Ferreri. Il suo rifiuto di giurare fedeltà alla RSI e le conseguenti sanzioni rappresentano oggi un esempio di integrità e dedizione ai principi di fedeltà all’esercito regolare e alla sua missione originaria.
Roberto Marchetti
Fonte: Facebook La linea dell’ Arno
Il Generale Umberto Ferreri non prestava servizio presso la Caserma Umberto 1° Le foto lo ritraggono nel piazzale all’interno della Caserma in occasione di una cerimonia. ndr