Roberto
Preghiera del Paracadutista
Preghiera del Paracadutista
Eterno, Immenso Dio,
che creasti gli infiniti spazi e ne misurasti le misteriose profondità’
guarda benigno a noi, Paracadutisti d’Italia,
che nell’adempimento del dovere balzando dai nostri aerei,
ci lanciamo nelle vastità’ dei cieli.
Manda l’Arcangelo S. Michele a nostro custode; guida e proteggi l’ardimentoso volo.
Come nebbia al Sole, davanti a noi siano dissipati i nostri nemici.
Candida come la seta del paracadute sia sempre la nostra fede e indomito il coraggio.
La nostra giovane vita e’ tua o Signore!
Se e’ scritto che cadiamo, sia!
Ma da ogni goccia del nostro sangue sorgano gagliardi figli e fratelli innumeri,
orgogliosi del nostro passato,
sempre degni del nostro immancabile avvenire.
Benedici, o signore, la nostra Patria, le Famiglie, i nostri Cari!
Per loro, nell’alba e nel tramonto, sempre la nostra vita!
E per noi, o Signore, il Tuo glorificante sorriso.
Così sia.
Totò
Antonio De Curtis
Soldato Semplice
Esercito Italiano
Antonio De Curtis, in arte “Totò”, nacque a Napoli nel 1898; il padre, il marchese De Curtis, da subito non lo riconobbe come proprio figlio (lo farà solo nel dopoguerra) e crebbe con la madre Anna Maria Clemente, che lo rinchiuse in un collegio, da cui uscì prima del tempo perché attratto già da allora dai teatrini rionali che tempestavano Napoli, dove iniziò pure a lavoricchiare come imitatore e macchietta comica.
Nel 1914, al compimento dei 16 anni, Antonio Clemente si arruolò volontario nel Regio Esercito, non per una sua propensione alla vita militare (e lo dimostrerà in seguito) ma più verosimilmente per avere la certezza di avere almeno un pasto al giorno.
Dal Distretto Militare di Napoli Totò venne assegnato al 22° Reggimento di Fanteria “Cremona” di stanza a Pisa.
Il rigore della vita militare lo opprimeva, non tollerava i soprusi dei suoi superiori ed era refrattario ad ogni comando e alla vita militare in genere.
Raccontò Totò durante un’intervista:
“Le mie avventure di ginnasiale finirono assai presto, e ingloriosamente.
Né si può dire, per la verità, che le mie esperienze militari abbiano avuto un esito migliore. “Ero poco piú che un ragazzo quando mi presentai, volontario, al Distretto. Fui assegnato al 22° fanteria, di stanza a Pisa”.
Poi scoppiò la Grande Guerra, e dai centri di mobilitazione ed addestramento i militari vennero destinati ai vari fronti di guerra. Antonio De Curtis venne trasferito al 182° Battaglione di Milizia Territoriale, unità di stanza in Piemonte e destinata a partire per il fronte Francese. Prima della partenza il loro comandante di battaglione li avvertì che avrebbero dovuto dividere gli alloggiamenti in treno con un reparto di soldati marocchini dalle note, e temute, strane abitudini sessuali. Totò rimase terrorizzato e alla stazione di Alessandria improvvisò un attacco epilettico per essere ricoverato all’ospedale militare e non partire verso la Francia. I medici militari gli credettero, non fu processato per simulazione d’infermità ma tenuto in osservazione all’Ospedale militare per un breve periodo di tempo. Da lì passerà all’88° Reggimento Fanteria “Friuli” di stanza a Livorno.
La leggenda vuole che proprio in questo periodo coniasse il motto destinato a diventare celebre: “siamo uomini o caporali?”, stufo dei continui soprusi perpetrati nei suoi confronti da parte di un graduato ottuso, a cui probabilmente non andava tanto a genio quel soldatino napoletano che entrava ed usciva dagli ospedali militari con patologie cardiache e nevrotiche sempre abilmente simulate per restare in retrovie.
Terminata la guerra, Totò per un periodo si stanzia a Roma, viene congedato dalla ferma ma i suoi legami con il Regio Esercito e soprattutto con quella disciplina e quel rigore che si divertiva a canzonare ad ogni occasione, non erano terminati: si fece prestare una divisa da graduato, improvviso’ delle macchiette militari su alcuni palcoscenici improvvisati ed infine venne notato da parecchi impresari che gli aprirono le porte del firmamento artistico. di cui sarebbe entrato a far parte.
Tratto da Lagrandeguerra
- Sono un uomo di mondo, ho fatto tre anni di militare. Articolo tratto da Il Tirreno
- Fra i suoi scritti più famosi ricordiamo La Livella
Fonte: foto tratte dalla rete web
Vincenzo Crispino
Col. f. par. Vincenzo Crispino
(Sestio Baculo)
Catania 29 ottobre 1961 – Firenze 4 novembre 2016
“Un uomo non muore mai se c’è qualcuno che lo ricorda”
(Ugo Foscolo)
A noi che restiamo il compito di rendere vivo il Suo ricordo.
Il 6° Reggimento di Manovra … lo ricorda !
(guafer)
L’addio al Tenente Colonnello Vincenzo Crispino del Generale Monticone
In questo momento oltre al dolore per la perdita di un amico, sento imbarazzo e tristezza perchè, per le vicende irrazionali e incomprensibili della vita, io che sono anziano, saluto uno dei miei ragazzi, uno di quei giovani che hanno servito le Folgore con me.
In ogni famiglia i sentimenti vanno ripartiti in modo uniforme fra i figli e in quella militare un Comandante, alla stregua di un padre, non può avere predilezioni. Tuttavia ammetto che nei confronti di Vincenzo ho sempre nutrito un sentimento di particolare affetto e simpatia. Era l’affetto e la simpatia di un Comandante che sentiva di dover tutelare e guidare Vincenzo. Di doverlo tutelare perchè era vulnerabile per la sua spontaneità e per la sua volontà di fare. Di doverlo guidare affinchè non si esponesse per il suo prorompente entusiasmo. Ma questi miei sentimenti erano anche dovuti al fatto che Vincenzo era un uomo fuori dal coro, che pensava ed agiva in modo estroverso, fedele ai principi in cui credeva o che riteneva giusti e dava fiducia e rispetto solo a coloro che stimava. E proprio per il suo comportamento estroverso aveva il carisma di un Comandante di paracadutisti. Mi piaceva perchè non era un soldatino di piombo rigidamente uguale agli altri, incapace di uscire dai binari che gli venivano tracciati.
Come soldato Vincenzo era il commilitone che ciascuno di noi vorrebbe avere accanto nel pericolo o in situazioni critiche, perchè si aveva la certezza di non venire mai abbandonati perchè aveva la lealtà dei puri e degli entuisiasmi. Ed è proprio per il suo entusiasmo e la sua onestà che il suo spirito di servizio è stato incrollabile anche nei momenti meno felici della sua vita militare. Sembrava che le avversità non lo scalfissero.
Ultimamente mi ha parlato delle figure di uomini e di Comandanti che lui considerava come riferimento morale e aveva preso ad esempio. Erano quelle di centurioni e in particolare quella del centurione Sestio Baculo, delle legioni dell’antica Roma. Dobbiamo riconoscere che Vincenzo è rimasto fedele allo stile dei personaggi che aveva eletto a esempio, perchè il modo estroverso e spregiudicato che aveva nell’affrontare la quotidianità ricordava quello dei centurioni. Di quelli delle legioni romane che si erano guadagnati il grado con il coraggio e
di quelli usciti dai reggimenti parà d’Algeria che comandavano con il carisma e l’esempio.
Per questo sono certo che Vincenzo vuole essere ricordato da noi per ciò in cui ha creduto e per ciò che è stato: un centurione coraggioso, carismatico, leale.
da congedatifolgore.com