Capodanno pisano

Capodanno pisano

Il cosiddetto Calendario Pisano, o stile dell’Incarnazione al modo pisano, rappresentava un particolare sistema di computo del tempo in uso a Pisa e in altre zone dell’attuale Toscana fino alla metà del XVIII secolo. La peculiarità di questo calendario risiedeva nella scelta della data di inizio dell’anno, fissata al 25 marzo, giorno in cui si celebra l’Annunciazione della Vergine Maria secondo il calendario liturgico. Tale data anticipava di nove mesi e sette giorni l’inizio dell’anno rispetto allo “stile moderno” o “stile della Circoncisione”, che fissa al 1º gennaio il primo giorno dell’anno. Questa modalità di calcolo del tempo era radicata nella cultura pisana e contraddistingueva l’identità della città e del suo territorio.

L’abolizione del Calendario Pisano avvenne per decreto del granduca Francesco Stefano di Lorena il 20 novembre del 1749. Con tale provvedimento si stabilì che in tutto il territorio toscano il nuovo anno dovesse iniziare il 1º gennaio successivo, adeguandosi così al calendario gregoriano già in uso nel resto d’Europa. In conseguenza di questa decisione, lo Stato pisano, comprendente approssimativamente le attuali province di Pisa e Livorno, dovette conformarsi alle nuove disposizioni, abbandonando definitivamente l’antico sistema.

Nonostante la sua abolizione, il Calendario Pisano ha continuato a suscitare interesse storico e culturale. Verso la fine degli anni ’80 del Novecento, la Parte di Mezzogiorno del Gioco del Ponte si fece promotrice della rievocazione delle celebrazioni legate a questo evento. In seguito, anche l’Associazione Amici del Gioco del Ponte contribuì significativamente alla conservazione e alla promozione di questa tradizione, assumendo il ruolo di ente coordinatore delle associazioni impegnate nelle attività culturali connesse al Capodanno Pisano. A partire dal 2000, l’organizzazione delle celebrazioni è stata affidata al Comune e alla Provincia di Pisa, conferendo ufficialità all’evento e garantendone la continuità nel panorama delle manifestazioni cittadine.

Un aspetto peculiare legato all’inizio dell’Anno Pisano è la sua scansione mediante un orologio solare. Nel Duomo di Pisa, un raggio di sole entrava da una finestra detta Aurea e colpiva una zona prossima all’altare maggiore esattamente a mezzogiorno, segnando così l’inizio del nuovo anno secondo la tradizione pisana. Tuttavia, a causa delle modifiche architettoniche apportate nel XVII secolo, questo meccanismo perse la sua efficacia. Nel corso del XIX e XX secolo, fu ripristinato sfruttando una differente finestra e stabilendo come bersaglio una mensolina a forma di uovo, situata su un pilastro vicino al luogo in cui venne riassemblato il pergamo di Giovanni Pisano nel 1926.

Le celebrazioni per l’inizio dell’Anno Pisano si aprono con un corteo storico della Repubblica Marinara, a cui prendono parte anche i gonfaloni dei comuni pisani, conferendo solennità e fascino all’evento. Segue una breve cerimonia religiosa, che si conclude esattamente a mezzogiorno, momento in cui l’orologio solare segna l’ingresso nell’anno nuovo secondo la tradizione pisana. Questa rievocazione rappresenta non solo un omaggio al passato, ma anche un’occasione per riaffermare l’identità storica di Pisa e mantenere viva la memoria di un sistema cronologico che per secoli ha regolato la vita della città e del suo territorio.

     Roberto Marchetti

Fonte: turismo.pisa.it. Foto: turismo.pisa.it

Giangiorgio Barbasetti di Prun

Giangiorgio Barbasetti di Prun

Giangiorgio Barbasetti di Prun è stato un ufficiale italiano di alto rango, ricoprendo il grado di Generale di Corpo d’Armata. Nato in Italia in una famiglia di antiche tradizioni militari, Barbasetti di Prun si è distinto per il suo servizio nelle forze armate, assumendo ruoli di rilievo nella difesa nazionale e nelle istituzioni militari del Paese. Tra gli incarichi più importanti ricoperti dal Generale vi è stato il comando della Divisione Corazzata “Ariete”, un’unità storica dell’Esercito Italiano che ha giocato un ruolo cruciale nella difesa della nazione. La “Ariete” è stata protagonista di diverse operazioni strategiche ed esercitazioni militari, consolidando la sua reputazione come una delle divisioni più prestigiose delle forze armate italiane. Dal 1980 al 1992, Giangiorgio Barbasetti di Prun ha assunto il comando del Corpo Militare dell’Ordine di Malta, succedendo al Generale di Corpo d’Armata Carlo Nasalli Rocca di Corneliano. Questo incarico ha segnato un periodo di consolidamento e crescita per il Corpo Militare dell’Ordine, che ha avuto un ruolo significativo nel supporto medico e logistico alle operazioni umanitarie. Nel corso della sua carriera, Barbasetti di Prun ha presieduto cerimonie militari importanti, tra cui quelle legate alla Bandiera di Guerra del Battaglione Logistico Paracadutisti “Folgore”. In qualità di Comandante della Regione Militare Tosco-Emiliana, ha lavorato per rafforzare la capacità operativa dell’Esercito Italiano, assicurando che le forze armate mantenessero un alto livello di preparazione e efficienza. Comandante del Reggimento “Lancieri di Aosta” nel biennio 1962 – 1964, ha guidato l’unità con determinazione e competenza. Altri incarichi ricoperti includono, da Tenente Colonnello, il comando del Gruppo Squadroni “Cavalleggeri Guide” nel 1956-1957, da Generale di Brigata, il comando della Scuola Truppe Corazzate, da Generale di Divisione o di Corpo d’Armata, la direzione generale della Motorizzazione e, infine, il ruolo di Ispettore delle Armi di Fanteria e Cavalleria. La sua lunga carriera lo ha visto a capo di diverse strutture operative e amministrative, consolidando la sua reputazione come un leader capace e strategico. Le esperienze maturate al comando del Gruppo Squadroni “Cavalleggeri Guide” e del Reggimento “Lancieri di Aosta” hanno contribuito a formare il suo profilo di ufficiale esperto nella cavalleria e nella logistica militare. Nel 1971-1972, alla guida della Divisione Corazzata “Ariete” come Generale di Divisione, ha svolto un ruolo chiave nel rafforzamento delle capacità operative dell’unità. La sua nomina a Comandante del Corpo Speciale Ausiliario dell’Esercito Italiano – A.C.I.S.M.O.M. nel 1980 ha rappresentato un ulteriore riconoscimento della sua competenza e dedizione al servizio. Sotto la sua guida, il Corpo Militare dell’Ordine di Malta ha rafforzato il suo ruolo di supporto umanitario e medico, fornendo assistenza in contesti di emergenza e crisi internazionali. La sua eredità come Generale di Corpo d’Armata resta legata all’impegno per l’efficienza operativa e il prestigio delle forze armate italiane, nonché alla sua instancabile dedizione nel mantenere alto il valore della tradizione militare del Paese.

     Roberto Marchetti

Fonte: tavolemilitari.forumfree.it Foto: carlomarullodicondojanni.net

La Battaglia di El-Alamein

La Battaglia di El-Alamein

La Battaglia di El-Alamein si svolse nel deserto egiziano tra il 23 ottobre e il 4 novembre 1942, costituendo un punto di svolta cruciale nella campagna del Nord Africa durante la Seconda Guerra Mondiale. Fu il risultato di una lunga serie di scontri tra le forze dell’Asse, guidate dal feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel, e l’Ottava Armata britannica, comandata dal generale Bernard Montgomery. Il teatro operativo si estendeva lungo una linea difensiva tra la costa del Mediterraneo e la depressione di Qattara, un’area che impediva ampi movimenti di aggiramento e forzava lo scontro diretto tra le forze avversarie.

Dopo le iniziali vittorie dell’Asse in Nord Africa, culminate con l’offensiva di Rommel nella primavera-estate del 1942, le forze italo-tedesche avanzarono fino a pochi chilometri da Alessandria d’Egitto, minacciando il controllo britannico del Canale di Suez e delle rotte petrolifere del Medio Oriente. Tuttavia, l’avanzata dell’Afrikakorps si arrestò a causa dell’allungamento delle linee di rifornimento e dell’efficace resistenza britannica. La prima battaglia di El-Alamein, combattuta tra luglio e agosto, bloccò l’offensiva dell’Asse, consentendo agli Alleati di riorganizzarsi e rafforzare le proprie forze con nuovi mezzi e uomini inviati dal Regno Unito e dagli Stati Uniti.

Il piano offensivo di Montgomery prevedeva un attacco frontale lungo tutto il fronte, combinato con un massiccio bombardamento d’artiglieria per logorare le difese nemiche. La battaglia iniziò nella notte del 23 ottobre con l’operazione Lightfoot, che vide un’intensa preparazione di fuoco con oltre 900 pezzi d’artiglieria britannici impegnati a colpire le postazioni dell’Asse. Le truppe alleate tentarono di sfondare il sistema difensivo tedesco-italiano, costituito da campi minati e linee fortificate, incontrando una dura resistenza. Rommel, nonostante le difficoltà logistiche e la scarsità di carburante, cercò di contenere l’avanzata nemica con le forze disponibili, ma la crescente superiorità materiale e numerica degli Alleati rese la difesa sempre più precaria.

Nei giorni successivi, i combattimenti proseguirono con intensità, mentre Montgomery modificò la sua strategia per concentrare le forze in un settore specifico del fronte. L’operazione Supercharge, lanciata il 2 novembre, vide un assalto decisivo che sfondò le difese dell’Asse, costringendo Rommel a ordinare la ritirata verso la Libia. La mancanza di rifornimenti e il continuo martellamento alleato resero impossibile una resistenza efficace, portando alla sconfitta definitiva delle forze dell’Asse in Egitto.

La vittoria britannica a El-Alamein segnò l’inizio della ritirata italo-tedesca dal Nord Africa, aprendo la strada alla successiva offensiva alleata che culminò con la conquista della Tunisia nel maggio 1943. Il successo di Montgomery consolidò il dominio britannico sul Medio Oriente e rafforzò il morale degli Alleati, rappresentando una delle prime grandi vittorie contro le forze dell’Asse. Rommel, pur considerato un abile stratega, non poté contrastare la crescente superiorità materiale alleata e fu costretto a ritirarsi in condizioni sempre più difficili. La battaglia di El-Alamein rimane uno degli scontri più significativi della Seconda Guerra Mondiale, determinando una svolta fondamentale nel teatro nordafricano e influenzando le successive operazioni militari alleate nel Mediterraneo.

     Roberto Marchetti

AR 76

Fiat AR 76

La FIAT AR76, conosciuta anche come “Nuova Campagnola”, è stata un veicolo da ricognizione prodotto dalla FIAT a partire dal 1976. Questo mezzo ha svolto un ruolo fondamentale nelle Forze Armate italiane, sostituendo le precedenti versioni della Campagnola e rimanendo in servizio fino agli anni ’90.​

Caratteristiche principali:

  • Motore:
    • 4 cilindri in linea da 1995 cm³, erogante 80 CV a 4600 giri/minuto.​
  • Cambio:
    • Inizialmente a 4 marce, successivamente aggiornato a 5 marce nel 1979.​
  • Dimensioni:
    • Lunghezza di 3,775 m e larghezza di 1,58 m.​
  • Peso:
    • A vuoto 1570 kg; peso totale a pieno carico 2490 kg.​
  • Capacità di trasporto:
    • Fino a 7 persone, con tre posti anteriori e quattro posteriori su panche laterali.​
  • Prestazioni fuoristrada:
    • Altezza minima dal suolo di 27,5 cm a pieno carico; angoli di attacco e uscita rispettivamente di 45° e 46°; capacità di superare pendenze fino al 150% (circa 56°).​

La struttura del veicolo era portante, con sospensioni indipendenti su tutte le ruote. La versione militare era disponibile solo con copertura telonata e passo normale, mentre per il mercato civile esistevano varianti con tetto rigido e passo allungato. ​

L’AR76 è stata ampiamente utilizzata non solo dall’Esercito Italiano, ma anche da Carabinieri, Polizia e Vigili del Fuoco. La sua versatilità e affidabilità l’hanno resa un mezzo ideale per operazioni di pattugliamento, trasporto truppe e missioni di ricognizione. Con l’introduzione del Land Rover Defender 90 negli anni ’90, l’AR76 ha iniziato a essere progressivamente sostituita, segnando la fine di un’era per questo iconico veicolo militare italiano. ​

     Roberto Marchetti

Fonte: vecio.it. dalessandromoviesolutions.it. Foto: jp.pinterest.co

ACN 80

ACM 80

L’ACM 80 è un autocarro militare sviluppato negli anni ’70 per sostituire il CM 52 nelle Forze Armate italiane. Prodotto da Iveco e noto anche come Fiat 6613G, questo veicolo è stato progettato per il trasporto di materiali e personale su terreni accidentati.
Caratteristiche principali:

  • Equipaggio:
    • 2 persone in cabina + fino a 16 nel cassone
  • Dimensioni:
    • Lunghezza: 6.413 mm
    • Larghezza: 2.270 mm
    • Altezza: 3.085 mm
  • Motore:
    • Cilindrata: 5.861 cm³
    • Numero cilindri: 6
    • Potenza: 170 CV a 3.000 giri/min (ACM 90)
  • Capacità di carico:
    • Portata utile: 4.000 kg
    • Peso rimorchiabile: 6.400 kg
  • Prestazioni:
    • Velocità massima: 87 km/h
    • Autonomia: 500 km
  • Altro:
    • Trazione: posteriore e integrale inseribile anche in movimento
    • Capacità serbatoio: 145 litri
    • ospensioni: anteriori con molle a balestra; posteriori con doppia balestra (principale e balestrino)

Una caratteristica distintiva dell’ACM 80 è la cabina avanzata ribaltabile in metallo, che facilita l’accesso al motore per la manutenzione. La presenza di una botola sul tetto consente al capomacchina di effettuare operazioni di osservazione o di fuoco con l’arma in dotazione. Il cassone metallico, dotato di sponde, può essere coperto con un telone ed è progettato per l’impiego fuoristrada, permettendo al veicolo di affrontare piccoli guadi senza preparazione.

Negli anni ’90 è stata introdotta una versione aggiornata, l’ACM 90, con alcune modifiche estetiche e un motore più potente da 170 CV. Entrambe le versioni sono state ampiamente utilizzate dalle Forze Armate italiane e da altri corpi dello Stato, come i Vigili del Fuoco, il Corpo Forestale e la Polizia di Stato. Inoltre, l’ACM 80/90 ha riscosso successo anche all’estero, con esemplari venduti in paesi come Portogallo, Pakistan, Singapore e Somalia.

Attualmente, l’ACM 80/90 è in fase di sostituzione con veicoli di nuova generzione, come l’ACTL (AutoCarro Tattico Logistico), ma alcuni esemplari sono ancora in servizio, soprattutto nella versione ACM 90.

     Roberto Marchetti

Fonti: Wikipedia, l’enciclopedia libera. camionforum.forumattivo.it

ACL 75

L’ACL 75: Il Veicolo Militare Versatile e Affidabile


L’ACL 75 (Autocarro Leggero da Carico) è un veicolo militare 4×4 progettato per operazioni logistiche e di supporto alle forze armate. Derivato dalla produzione Iveco-Fiat, questo automezzo si distingue per la sua robustezza, versatilità e affidabilità in ambienti operativi difficili.
Caratteristiche Tecniche:

  • Trazione:
    • Integrale 4×4, con riduttore per migliorare la mobilità su terreni impervi.
  • Motore:
    • Diesel 4 cilindri da circa 110-130 CV, progettato per offrire consumi ridotti e facilità di manutenzione.
  • Portata utile:
    • Circa 2.900 kg, con un peso complessivo a pieno carico di 7.500 kg.
  • Velocità massima:
    • 90 km/h su strada.
  • Autonomia:
    • Circa 600-800 km grazie a serbatoi maggiorati.
  • Cambio:
    • Manuale a 5 o 6 marce con riduttore.
  • Cassone:
    • Ribaltabile trilaterale, ideale per il trasporto di equipaggiamenti e materiali militari.
    • Protezione: Possibilità di allestimenti con telonature rinforzate o strutture protettive per il trasporto truppe.


Impiego Operativo
L’ACL 75 è stato impiegato dalle forze armate italiane e da altre organizzazioni militari in ruoli chiave, tra cui:

  • Trasporto truppe e materiali:
    • Grazie alla sua capacità di carico e alla configurazione modulabile del cassone.
  • Supporto logistico:
    • Perfetto per missioni di rifornimento in zone operative.
  • Mezzo di recupero:
    • In grado di trainare altri veicoli leggeri o trasportare pezzi di ricambio.
  • Uso in missioni di pace:
    • Spesso impiegato in operazioni internazionali per la sua affidabilità e semplicità di gestione.


Punti di Forza

  • Affidabilità:
    • Progettato per durare nel tempo anche in condizioni climatiche e operative estreme.
  • Versatilità:
    • Adatto a diverse configurazioni e necessità militari.
  • Facilità di manutenzione:
    • Semplicità costruttiva e disponibilità di pezzi di ricambio.
  • Mobilità eccellente:
    • Ottime prestazioni su sterrato, sabbia e fango.


Grazie a queste caratteristiche, l’ACL 75 si è guadagnato un posto di rilievo tra i mezzi militari utilizzati dall’esercito italiano e rimane un punto di riferimento per le operazioni logistiche e di supporto alle truppe.

     Roberto Marchetti


Fonti: Wikipedia. YouTube. Difesa Online. Foto: Facebook-inarrestabili

ACM52

L’Autocarro Medio ACM 52

L’Autocarro Medio ACM 52, noto anche come Fiat 639 N3 nella versione civile, è stato un pilastro del trasporto militare italiano nel periodo post-bellico. La sua robustezza e versatilità lo resero fondamentale per le esigenze logistiche dell’esercito italiano.


Caratteristiche principali dell’ACM 52:

  • Motore:
    • Diesel con una cilindrata di 9816 cc, erogante poco meno di 200 cavalli.
  • Capacità di carico:
    • Portata utile di cinque tonnellate, con un peso a vuoto di circa sette tonnellate e mezza.
  • Dimensioni:
    • Altezza di 3 metri, che permetteva al veicolo di affrontare guadi fino a un metro e mezzo di profondità.
  • Velocità massima:
    • Oltre 80 km/h.
  • Trazione:
    • Posteriore, con possibilità di trazione integrale inseribile.
  • Cambio:
    • Manuale a 5 marce, senza servosterzo, richiedeva notevole forza fisica per le manovre da fermo.
  • Freni:
    • A tamburo, che necessitavano di essere scaldati per garantire la massima efficienza, soprattutto in condizioni climatiche fredde.
  • Cabina:
    • Configurata per due persone, con parabrezza incernierato e porte controvento che potevano essere bloccate aperte lungo la fiancata. 


L’ACM 52 era dotato di un sistema innovativo chiamato “Hill Holder”, che evitava l’arretramento del veicolo in salita quando era a pieno carico. Inoltre, la sua capacità di traino poteva raggiungere le 10 tonnellate, rendendolo estremamente versatile in operazioni logistiche.Nonostante l’assenza di comfort moderni come il servosterzo, l’ACM 52 ha rappresentato una vera e propria scuola per gli autisti militari e civili dell’epoca, formando generazioni di conducenti grazie alle sue caratteristiche impegnative ma formative.

La sua struttura robusta e la capacità di operare in condizioni difficili hanno reso l’ACM 52 un mezzo affidabile e rispettato, lasciando un’impronta significativa nella storia dei trasporti militari italiani.

     Roberto Marchetti

Fonte: Difesa Online

Giovanni Strambelli

Giovanni Strambelli

Giovanni Strambelli, giovane paracadutista italiano nato il 14 luglio 1973 a Bari, si distinse per il suo impegno e il suo coraggio durante la missione umanitaria delle Nazioni Unite in Somalia, nell’ambito dell’operazione “IBIS”. Durante il servizio di leva, si offrì volontario per far parte del contingente italiano impegnato nel difficile contesto somalo, un territorio segnato da instabilità, guerriglia e bande armate che mettevano costantemente a rischio la sicurezza delle truppe internazionali. Strambelli, appartenente al Battaglione Logistico della Brigata Paracadutisti “Folgore”, operò con dedizione e spirito di sacrificio, partecipando attivamente a operazioni di rastrellamento per la ricerca e confisca di armi e offrendo il proprio contributo come scorta ai convogli militari. Il giovane militare si distinse per la determinazione con cui affrontava le missioni assegnate, guadagnandosi il rispetto dei superiori e l’ammirazione dei commilitoni. Il 27 aprile 1993, mentre svolgeva il servizio di guardia presso un obiettivo strategico di grande importanza, il ponte radio denominato “Topo” situato a Balad, sede del comando Italpar e fondamentale per garantire i collegamenti con la madrepatria, fu vittima di un tragico incidente. Un colpo, partito accidentalmente dall’arma di un commilitone, lo colpì gravemente, rendendo necessario un immediato intervento chirurgico presso l’ospedale da campo. Le sue condizioni critiche resero indispensabile il rimpatrio per cure più avanzate, ma il 13 maggio 1993, presso l’ospedale del Celio, Giovanni Strambelli perse la vita, diventando il primo caduto italiano dell’operazione “IBIS”. In suo onore, gli venne conferita la Medaglia d’Oro al Valore dell’Esercito “alla memoria”, un riconoscimento al suo spirito di servizio e al sacrificio reso in una missione che mirava a portare pace e stabilità in un contesto di forte tensione. Il Battaglione Logistico della Brigata Paracadutisti “Folgore”, di cui Strambelli faceva parte, svolse un ruolo cruciale nell’operazione, assicurando supporto logistico al contingente italiano con un Centro Logistico a Balad e contribuendo anche con un posto di medicazione destinato a fornire assistenza sanitaria alla popolazione locale. L’operazione “IBIS”, durata dal dicembre 1992 all’ottobre 1993, rappresentò un’importante prova di solidarietà internazionale per l’Italia, il cui contingente si trovò a operare in un ambiente estremamente ostile, affrontando minacce costanti e operando in condizioni di alto rischio per garantire la sicurezza e il sostegno umanitario alla popolazione somala.

     Roberto Marchetti
Fonti: articolo21.org. gazzettaufficiale.it. esercito.difesa.it. Foto: difesa.it

Medaglia d’oro al valore dell’Esercito alla memoria

Data del conferimento: 21/02/1995

motivazione:

“Paracadutista di leva, si è offerto volontariamente ed ha ottenuto di partecipare alla operazione umanitaria Onu di “Peace Keeping”, in Somalia, con il contingente militare italiano “Ibis”. Ha operato in una situazione altamente rischiosa con subdola e continua minaccia da parte di banditi e guerriglieri somali. Spesso si offriva volontario per operazioni di rastrellamento per ricerca e confisca di armi e per scorta a convogli. Durante la sua permanenza in Somalia ha sempre assolto con zelo, professionalità e spirito di sacrificio i compiti assegnatigli meritando sempre il consenso dei propri superiori e la ammirazione dei commilitoni. Il giorno 27 aprile 1993, si trovava di guardia presso un obiettivo altamente sensibile — il ponte radio denominato “Topo” che assicurava i collegamenti con la madre patria — in località Balad, sede del Comando ltalpar. Un colpo fatto partire accidentalmente da un commilitone, anch’esso di guardia, lo feriva gravemente. Dopo essere stato sottoposto ad intervento chirurgico presso l’ospedale da campo, veniva sgomberato in patria ove decedeva. Mortalmente ferito, immolava la sua giovane vita nell’adempimento del dovere e per un ideale di pace e di solidarietà fra i popoli. Chiaro esempio di soldato che ha dato lustro all’Esercito italiano, facendogli riscuotere unanime ammirazione dalle Forze Armate Internazionali impiegate in Somalia”. Mogadiscio (Somalia), 27 aprile 1993.

Fonte: quirinale.it

Elenco del personale

Elenco del personale

Questo è un elenco del personale che ha fatto parte del 26° Gruppo Squadroni ALE “Giove”. È possibile che alcuni nominativi siano sfuggiti, ma l’intento è quello di ricordare e onorare tutti coloro che hanno fatto parte di questa unità. Se ritrovate il vostro nome, potrete dire con orgoglio: “Io c’ero”.

Addeo Pasquale
Adiletta Luigi
Alongi Matteo
Andreoli Maurizio
Aramini Bruno
Arena Francesco
Ariniello Nicola
Avaro Marco
Avolio Franco
Bacci Giorgio
Badiali Luciano
Baldissera Mario
Bandini Alfredo
Barsottelli Sandro
Bartoletti (TMA 205)
Becagli Luca
Bedina Marco
Bellomo Mario
Benvenuti Fabio
Benvenuti Luciano
Bertozzi Gianluca
Bonamici Ivano
Bonelli Mario
Bonfigli Adriano
Borri Daniele
Bovani Renato
Brayon Riccardo
Cacioli Michele
Camporesi Filippo
Carai Giovannino
Carli Giacomo
Carraturo Alessandro
Carrino
Castaldi Giulio
Casu Luca
Catalani Umberto
Cavallo Vito Mario
Cavina Sergio
Ceragioli Francesco
Chiossi Tullio
Cimino Walter
Ciuffi Elio
Coia Franco
Colaiacomo Gianfranco
Consonni Livio
Corradi Pierangelo
Crisci Francesco
D’Alba Sergio
D’Amelio Francesco
D’Angelo Mario
D’Elia Bartolomeo
De Carolis Angelo
Del Bianco Antonio
De Palo Michele
Del Gobbo Roberto
Di Cuio Mauro (S.Ten. me)
Di Fenza Alberto
Di Santo Luca
Di Gioia Piero
Di Miele Antonio
Di Pietro Romolo
Dominici Leo
Falchi Giovanni
Fico Mario
Fierro Ugo
Franchino Antonio
Funari Paolo
Gafforio Luca
Gabrielli Angiolo
Gagliardo Pasquale
Galione Valerio
Gatti Gianluca (Ten. me)
Giordano Salvatore
Glorioso Antonino
Goglia Francesco
Gori Roberto
Gornati Adalberto
Greco Vito (S.Ten. me)
Gucci Guido
Gueli Saverio
Guidato Maurizio
Guidolin Roberto
Leggiero Domenico
Lettieri Marcello
Logli Rinaldo
Lucarini Lisandro
Luisi Antonino
Maccheroni Antonino
Manca Francesco
Manganello Angelo
Mangia Armando
Mangione Aldo
Marcheselli Giulio
Marchetti Roberto
Martinengo Aldo
Mastrullo Raimondo
Mattiassi Fabio
Mazzotta Roberto
Miola Roberto
Montanaro Pasquale
Montino Enrico
Moretti Antonio
Muzii Alessandro
Napolitano Alfonso
Nigro Antonio
Orlandi Giovanni dr
Orlando Biagio
Orsini Luigi
Paolicchi Fabrizio
Pascarella Maurizio
Peduzzi Roberto
Pelleriti
Perrotta Virgilio
Persichetti Francesco
Pettinato Pier Paolo
Pierro Tommaso
Piferi Primo
Pini Alessandro
Piscazzi Lorenzo
Policardo Marco
Porto Valentino
Pucci (add.to Magazzino)
Saba Carlo
Sandrin Mirco
Sasso Franco
Savelli Claudio
Scalisi Salvatore
Scandale Salvatore (Uff. me.)
Scipioni Joselito
Sciortino Luca
Scopelliti Giovanni
Seraglini Franco
Sghirru Alessandro
Siracusa Sergio
Sollo Ciro
Taddei Umberto
Talerico Tommaso
Tizzanini Giuseppe
Tomai Lorenzo
Tonchei Aurelio
Tripaldi Amedeo
Trovanelli Giorgio
Turchetti Luigi
Ucci Antonio
Uguzzoni (Serg.)
Ulivelli Renato (S.Ten. me)
Vegni Adriano
Zanolin Fernando
Zinicola Domenico
Zuccarini Luciano

Elicottero D’AT3

Elicottero D’AT3

Immagine tratta da enac.it

Corradino D’Ascanio, ingegnere e inventore italiano, è noto per i suoi contributi pionieristici nel campo dell’aviazione e del design industriale. Tra le sue numerose invenzioni, l’elicottero D’AT3 rappresenta una pietra miliare nella storia del volo verticale. Negli anni ’20, l’elicottero era ancora un sogno, malgrado i tentativi di pionieri come Enrico Forlanini, che nel 1877 aveva costruito un modello con motore a vapore. D’Ascanio iniziò a interessarsi agli elicotteri al suo rientro in Italia nel 1920, dedicandosi allo sviluppo di una macchina a volo verticale. Nel 1925, fondò una società con il barone Pietro Trojani, con l’obiettivo di promuovere l’industria aviatoria in Abruzzo. Da questa collaborazione nacquero i prototipi D’AT1 e D’AT2, che però non riuscirono a ottenere risultati significativi. Il terzo prototipo, denominato D’AT3 (acronimo di D’Ascanio-Trojani 3), fu commissionato dal Ministero dell’Aeronautica per un importo di 600.000 lire e realizzato nelle officine del Genio Aeronautico a Roma. Le prove di volo si svolsero presso l’aeroporto militare di Ciampino Nord, con il maggiore Marinello Nelli come pilota collaudatore. Nell’ottobre del 1930, il D’AT3, equipaggiato con un motore Fiat A.50 S da 90 HP, stabilì diversi primati internazionali: l’8 ottobre effettuò un volo con ritorno senza scalo della durata di 8 minuti e 45 secondi, il 10 ottobre coprì una distanza in linea retta senza scalo di 1.078,60 metri e il 13 ottobre raggiunse un’altezza di 18 metri sul punto di partenza. Questi record rimasero imbattuti per diversi anni, attestando l’avanzamento tecnologico rappresentato dal D’AT3. L’elicottero attirò l’attenzione dei media: la Domenica del Corriere gli dedicò la copertina, e numerosi quotidiani riportarono la notizia in prima pagina. Nonostante l’interesse della Regia Marina e l’incoraggiamento verbale del capo del governo, Benito Mussolini, i finanziamenti non furono rinnovati. Di conseguenza, il D’AT3 venne abbandonato nell’hangar dirigibili di Ciampino, e le prospettive di perfezionamento e sfruttamento commerciale del prototipo svanirono. Nonostante le difficoltà incontrate, il D’AT3 rappresenta un’importante tappa nello sviluppo degli elicotteri moderni. Nel 1975, l’Aeronautica Militare, su iniziativa del generale Domenico Ludovico, realizzò una replica a grandezza naturale del D’AT3 presso l’aeroporto di Pisa, basandosi sui disegni originali e sotto la supervisione dello stesso D’Ascanio. Questa replica è attualmente conservata nel Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle, insieme a un piccolo elicottero per uso agricolo progettato successivamente dall’ingegnere abruzzese. L’elicottero D’AT3 di Corradino D’Ascanio rimane un simbolo dell’ingegno italiano e della passione per l’innovazione nel campo dell’aviazione.

     Roberto Marchetti

Fonte: Focus.it